“È tempo di portare i miei versi nelle strade”.
Mirabai (poetessa indiana)
“Ho bisogno di sognare!” questo il titolo della raccolta di
storie di Matilde Maisto ,raccolta che ci avvicina ad un
modo di scrivere limpido , scorrevole ,penetrante ma non
privo di momenti di grande riflessione sul “senso delle cose “
che sono fuori e dentro di noi.
Le donne in passato ed ancora oggi hanno scritto e scrivono
per soddisfare una propria insopprimibile esigenza personale,
per comunicare a se stesse e agli altri, per capire gli altri,
per il semplice ma nel contempo complesso piacere di
articolare in parole un pensiero, per conoscersi meglio, per
avanzare e far avanzare i propri ricordi, per recuperare i
ricordi, per allontanare le paure, per avere uno spazio
esistenziale proprio, per non cadere nelle maglie di una rete
strutturale passiva ed asettica che le donne non creano ,che le
donne non desiderano costruire ,che le donne non sentono parte
di loro stesse.
Le donne come ieri anche oggi scrivono per
rintracciare radici e trasmettere responsabilità civili e statuti
parentali da una generazione all’altra. Le donne hanno
accumulato un’eredità intergenerazionale, perché l’esistenza di
una donna come quella dell’uomo è costituita dalle esistenze
che le accompagnano, la storia di ognuno e di ognuna dà
senso a quella di tutti, si allarga a comprendere l’esistenza
di tutte quelle donne e quegli uomini che li hanno preceduti e
tutti quelli e quelle che verranno dopo di loro .
La scrittura delle donne offre perciò conservazione delle proprie radici e
profonda ed autentica conservazione della propria identità.
Le donne scrivono di quello che conoscono di più, di quello che
vivono quotidianamente, allora Matilde nei suoi racconti fa
scorrere la penna nelle pieghe dei propri ricordi, dei propri
viaggi, delle proprie immagini familiari restituendo al lettore
dei percorsi di scrittura dalle tonalità piene, luminose solo a
volte occupate da “polveri nebbie” di sospensione, parentesi che
permettono a chi legge di riprendere fiato e di riaprire la
propria mente ed il proprio cuore alla lettura successiva del
passo che segue.
Soggetti fondamentali in questi racconti tanti dalla
famiglia, al viaggio,il ritorno,uno sguardo attento e
scrupoloso all’intera dimensione del “cogliere di sé e degli
altri”,una reciprocità nel raccontarsi e nel raccontare che
passa dalle immagini a volte poetiche delle descrizioni alla
forte lucidità del logos , passaggi che benevolmente impongono
al lettore domande sui percorsi e cicli di vita .
Domande sottili e fragili la cui risposta non può essere immediata, non
può essere sostenuta solo dalla lettura dei racconti, ma ha
bisogno di un ulteriore momento di riflessione che possa
circoscrivere la propria interiorità.
Penso che nello scritto di Matilde vi sia :«Sostanzialmente nei confronti dell’ambiente
che la circonda un rapporto positivo, il suo voler essere donna
parte integrante di un universo affettivo che rappresenti
l’anello di unione in una realtà che nella sua frammentarietà
va alla continua ricerca dell’Unicum e dell’Unità». Negli
scritti di Tilde la dialettica ed il confronto sui grandi e
piccoli temi non passano attraverso lo scontro bensì attraverso
sistemi convergenti positivi.
Prima delle parole, prima dunque della narrazione scritta
troviamo la trasmissione orale che appartiene da sempre al
mondo femminile,il grande desiderio di esprimere forti
emozioni e sentimenti riesce a superare nel libro di Matilde
quella soglia “difficile ed inquietante” di scivolare nella
banalità , niente nei racconti di Matilde è banale, niente è
eccesso di descrizione, niente è esagerazione di contenuti.
I sentimenti della scrittrice e quindi i sentimenti di Matilde
interessano il lettore perché superano la propria dimensione di
vita per intrecciarsi alla dimensione esistenziale di chi legge
di chi resta attento a filtrare quei comuni sentimenti unici ed
esclusivi di cui l’autrice ci parla in modo accorato.
Mi piace quindi terminare ricordando le parole di Antonia
Pozzi quando dice: ”Oh le parole prigioniere che battono
furiosamente alle porte dell’anima”, la parola un’esigenza
insopprimibile che apre le porte dell’anima e la prepara a
viaggiare, la prepara a costruire percorsi di conoscenza con
noi stessi e con gli altri.
Le parole, quindi quelle del libro di Matilde, a volte fragili, a
volte inquiete, a volte silenti, a volte ribelli , a volte non
catalogabili, parole e narrazione che Tilde ci regala come un
suo “atto di amore”, come sua dichiarazione di esser donna.
Adele Grassito